Quarta tappa del Blog Tour "La maledizione degli Enderson" di Deborah Fedele

by - dicembre 14, 2014

Buongiorno amici lettori!
E buona domenica a tutti! Siete già in fermento per il Natale? La sentite l'aria frizzante dei mercatini? Nella vostra via sono già apparsi file e file di Babbi Natale scalatori di balconi e tetti (da me ben 5!)? Oramai manca poco!
Oggi ho un'altra bella sorpresa per voi! Pronti? Benvenuti nella 4 tappa del Blog Tour dedicato al libro di Deborah Fedele La maledizione degli Enderson!! Prima di parlarvi della mia tappa ( e, se volete un consiglio, acciuffate una coperta e il vostro orsacchiotto preferito, ma va bene anche il gatto morbidoso, perché sarà una tappa paurosa...) vi presento questo urban fantasy thriller italiano...


Titolo: La maledizione degli Enderson. Il segreto
Autore: Deborah Fedele
Editore: Selfpublishing
Pagine: 338
Ebook: € 1,00
Cartaceo: € 13,50
Data di pubblicazione: 01 marzo 2014
TRAMA

Sembra un’estate come le altre quella che aspetta Andrea Blow, una diciassettenne con l’amore per la lettura e il sogno di diventare insegnante; partirà per Moon Coast, una cittadina di mare californiana, dove vivono i suoi zii, e passerà le vacanze tra le feste, i libri e la spiaggia. Non sa quanto quell’anno le cose saranno diverse. Due anni prima la quiete della cittadina è stata turbata dal susseguirsi di efferati omicidi, considerati, per le modalità di esecuzione, a sfondo sacrificale. Nonostante l’arresto di un uomo, secondo i più il vero killer vive ancora in città impunito: il suo nome è Jack Enderson. Turbata dalla scoperta di tali brutali crimini, Andrea decide di tenersi alla larga il più possibile da casa Enderson, una villa nascosta nella foresta, e dai suoi strani abitanti, ma una notte di luna piena, mentre rientra a casa da un party, viene seguita niente di meno che da Jack. Cosa vuole da lei? Andrea teme che possano ripetersi gli orrori di due anni prima, e che lei possa essere la prossima vittima. E’ solo l’inizio di una serie di inquietanti e sfortunati eventi che la travolgono, sconvolgendo la sua vita. Non può fare finta di niente, è il momento di indagare: dovrà rimboccarsi le maniche per scoprirne di più sulle morti delle due ragazze, e sullo strano simbolo trovato sui loro corpi, sollevando un velo che per anni ha coperto segreti terribili, che sarebbe meglio tenere nascosti… Una cascata di eventi la travolgerà in un mondo macabro e oscuro, un mondo popolato da creature della notte, e la costringerà a confrontarsi con gli inquietanti spettri del suo passato, e con le verità che per anni le sono state tenute nascoste.

Il Blog Tour ha preso il via dal blog Coffee and Books, dove troverete, oltre all'intervista all'autrice e una carrellata di luoghi e atmosfere del romanzo, anche un bella sorpresa....

Ma passiamo alla  mia tappa! Io vi proporrò qualche estratto del libro... eh no no, non dei brani casuali, ma quelli più misteriosi e succulenti del libro...



La strada che serpeggiava nella foresta non era illuminata da lampioni, ma quella notte la luna era piena e risplendeva di luce. Da qualche locale del centro cittadino provenivano la musica e il vociare di un dj, ma in quella parte della città in cui si trovava, sprofondata in un quieto silenzio, Andrea riusciva a godersi il canto dei grilli, il leggero frusciare delle foglie, il rumore lontano del motore di qualche automobile... quello di un rametto spezzato, alle sue spalle. 
Andrea s’immobilizzò. Silenzio assoluto. Una brezza leggera le fece accapponare la pelle, ma forse era stata solo quell’inspiegabile ed improvvisa paura che l’aveva assalita a provocarla. Si voltò lentamente, muovendo appena il capo. La strada alle sue spalle era buia e vuota. Si era inoltrata parecchio nella foresta, tanto che le abitazioni erano quasi invisibili. Decise di riprendere a camminare, ma adesso il cuore le batteva forte, e aveva un inspiegabile formicolio alla nuca, come se sentisse degli occhi addosso, occhi che la scrutavano attentamente. La foresta di notte poteva essere terrificante, e ogni suono diventare sinistro. Ma ecco che accadde di nuovo: mentre Andrea decelerava, rasserenata dalla convinzione di essersi immaginata quel suono, ecco che, ancora una volta, percepì nitidamente il crepitio delle foglie. Come se qualcuno ci avesse camminato sopra. Qualcuno che aveva imitato i suoi passi per non fare rumore, e che era stato sorpreso dal suo improvviso decelerare. 
Andrea realizzò che c’era qualcuno alle sue spalle.
Iniziò a respirare in maniera irregolare.
Calmati Andrea, è solo una strada, è ovvio che altri ci camminino.
Aumentò la velocità, e approfittò di una curva per guardarsi indietro, sicura che l’altro non avrebbe potuto vederla.
Le mancò il fiato quando si accorse che Jack Enderson, lo Strangolatore, era alle sue spalle. In preda al panico, iniziò a tastarsi le tasche in cerca del cellulare.
Lo aveva lasciato a casa.
I passi si avvicinavano. Erano svelti.
Si guardò intorno, terrorizzata, e alla fine si nascose dietro un grosso albero.
Il battito feroce del suo cuore, il respiro irregolare, avrebbero potuto tradirla, così si mise le mani davanti alla bocca, gli occhi spalancati, e attese di vederlo apparire. Dopo pochi secondi il ragazzo fu lì.
Il cuore di Andrea faceva capitomboli.
Il giovane si fermò. 
Andrea si promise che se si fosse avvicinato, avrebbe iniziato a correre e a gridare con tutto il fiato che aveva. 
Furono istanti orribili. 
Jack Enderson guardava la strada davanti a sé, poi perlustrava lì intorno. Quando guardò verso l’albero dietro cui si nascondeva Andrea, lei sentì il cuore perdere un battito. 
Mi ha visto, pensò, in preda al terrore. Non riusciva a muovere un muscolo, il panico l’aveva assalita, persino respirare era diventato faticoso, e iniziava a non sentirsi più le dita delle mani. 
Jack Enderson mosse un passo verso di lei, e Andrea sentì le ginocchia cedere. I suoi occhi scuri sembravano demoniaci, nella notte, sembravano quelli di un corvo, di un predatore notturno pronto a sferrare il suo attacco. Erano attenti, imperscrutabili. Ma, così come era arrivato, il ragazzo se ne andò. Continuò il suo cammino lentamente, guardando dritto davanti a sé. Andrea attese per un tempo infinito, prima di crollare sulle ginocchia e iniziare a respirare profondamente, una mano sul petto, gli occhi spalancati. 
Poggiò la fronte contro la corteccia, ansante. Non riusciva a credere a quello che le era accaduto. 
E’ saltato fuori che a entrambe capitasse di essere seguite da lui per diverso tempo, prima che... bé, prima che morissero aveva detto Kate quel pomeriggio. Forse l’aveva puntata. Forse la stava seguendo. 


Andrea si recò di corsa in camera: percorse a gran passi la cucina, salì i gradini della scalinata che conduceva al primo piano a due a due, ma quando varcò la soglia della stanza urtò inaspettatamente contro qualcuno. 
Fece fatica a realizzare cosa fosse accaduto, e indietreggiò per la sorpresa, sino a trovarsi con le spalle contro il muro; Bob era davanti a lei, in mezzo alla stanza, con un’espressione di puro disagio dipinta in viso, come qualcuno che è stato sorpreso a compiere qualcosa d’illecito. 
<< Che ci fai qui?! Cosa ci fai in camera mia?! >> disse Andrea, un tono di voce sgarbato, che manifestava tutto il suo fastidio e disagio. 
Bob sbiancò. << Io... io... >>, iniziò a balbettare, lanciandosi rapide occhiate intorno. << Ho solo sbagliato... cercavo il bagno. >> aggiunse. 
<< Bé... questo non è il bagno. >> rispose Andrea in un filo di voce.
Bob si guardava i piedi, non osava incrociare il suo sguardo. << Scusa... non volevo... >>
<< Adesso sarebbe meglio che torni di sotto. >> suggerì Andrea, ma il suo tono di voce non lasciava spazio a repliche; Bob annuì, e si avviò verso la porta a testa bassa, rapidamente.
Andrea lo seguì con lo sguardo, e attese di sentire i suoi passi allontanarsi giù per le scale. A quel punto si avvicinò alla porta, e la chiuse con un tonfo.
Trasse un profondo sospiro, per scaricare quell’angoscia che aveva preso possesso di lei, e si portò indietro i capelli con le dita; forse aveva esagerato con Bob, magari aveva davvero sbagliato porta e si era ritrovato nella sua camera, ma dopo quello che le era accaduto, considerando anche che era con lui quando era stata drogata, era lecito pensare che non si fosse trattato di un errore. Ad ogni modo, era certo che una volta accortosi dell’errore, Bob aveva deciso di restare per curiosare. 
Andrea si guardò intorno per assicurarsi che non ci fosse niente fuori posto. Sfiorò le copertine dei libri nella libreria, diede un’occhiata dentro l’armadio, nei cassetti, sulla scrivania. 
Era tutto a posto.
Aprì il cassetto della scrivania e notò che qualcosa era stata spostata: la sua carpetta blu.
Andrea si morse il labbro inferiore.
Era molto strano che Bob si fosse fatto incuriosire da una carpetta. Proprio da quella carpetta, per giunta. 
Dentro, Andrea conservava gli articoli e le ricerche che aveva fatto sugli Enderson. La prese tra le mani, e controllò i fogli. C’erano tutti. 
Trasse un profondo sospiro, ma nel riordinare lo sguardo le cadde su uno degli articoli. 
“Le ragazze sono state prima drogate, poi legate alle caviglie e ai polsi con delle catene d’oro.” 
Drogate.
Drogate.
Andrea fu colta da un’ondata di gelo, poi di calore, e tutto le cadde di mano.
E’ saltato fuori che a entrambe capitasse di essere seguite da lui per diverso tempo...
Aveva detto Kate.
Seguite. Drogate. Poi uccise.
Andrea si portò una mano alla bocca.
Forse quella notte al party non era stato uno scherzo. Forse finire in piscina e rischiare di annegare... le aveva salvato la vita.
E’... agitato- diceva il signor Enderson -Non possiamo permettere che succeda di nuovo, Mary-. Forse Jack Enderson aveva scelto la sua prossima vittima.


Andrea strinse i pugni: doveva affrontare le sue paure. Non c’era nessuno lì, nella foresta, a osservarla. Nessuno! 
Si armò di coraggio e uscì dalla stanza. Scese di fretta le scale, saltò gli ultimi gradini e aprì il portone sforzandosi di fare il meno rumore possibile. 
Camminò intorno alla villa, sino a portarsi nel giardino sotto la sua finestra. Poi osservò la strada. Vuota.
Coraggio, Andrea.
Attraversò, sino alla coltre di alberi e cespugli. 
Prese il cellulare e approfittò della sua luce per schiarire il buio: ovviamente tutto vuoto.
Andrea sorrise, soddisfatta, e sospirò: era come essersi liberata di un grosso peso.
Si voltò per tornare a casa, ma nel farlo illuminò per sbaglio qualcosa.
Il cuore di Andrea perse un battito. Pochi secondi, il tempo per voltarsi e tornare indietro, ma erano bastati per mettere in risalto quelle impronte.
Andrea si voltò nuovamente verso la foresta, che adesso sembrava bugiarda, misteriosa e pericolosa, 
rifugio per il pericolo che da tempo Andrea sentiva incombere; mosse qualche passo verso essa, il telefono puntato in avanti, come fosse un’arma, e si avvicinò a un tronco robusto. Guardò in basso... non si era sbagliata. C’erano impronte lì. 
Il cuore martellava contro il petto.
Razionalmente, Andrea cercò di dare un senso a ciò che vedeva.
Erano impronte abbastanza grandi, una volta e mezzo la sua mano, circa. Forse di un passante. Ma cosa diavolo ci faceva dietro quell’albero? Seguendo la direzione dell’impronta imitò “lo sconosciuto”.
Da lì la sua finestra era perfettamente visibile. 
Andrea aveva il cuore in gola e sentiva le orecchie pulsare.


<< Non aveva figli, né parenti e né amici. E poi in paese la odiavano tutti, la Pazza la chiamavano. >>
<< Pazza? >>
Andrea si fermò sui suoi passi, poco distante da loro, per ascoltare. Forse i loro erano solo pettegolezzi ma chissà perché credeva valesse la pena di conoscerli.
<< Certo... andava raccontando in giro storie assurde. Era ossessionata dagli spiriti. Non hai visto quelle bestiacce che teneva in casa? Scaramanzia. Diceva di essere perseguitata dal demonio. >>
Andrea agghiacciò. Nonostante i trentasei gradi, ora sentiva freddo. La signora Watson credeva... di essere perseguitata dal demonio?
<< Buon Dio, povera donna, matta e sola. >> commentò, colpito, il grassone.
Il compagno gli batté una pacca sulla spalla. << Meglio essere morti certe volte, dico sempre io. Quando abbiamo preso il corpo, abbiamo trovato la casa piena di sale. Sale, capito? Ce n’era davanti ogni porta e ogni finestra. Forse pensava la proteggesse dal suo... demonio! Dicono che la mattina, il giorno che è morta, fosse uscita per andare al supermercato. Sai cosa ha comprato? >> 
<< Sale? >> 
<< Pacchi e pacchi di sale! Te l’ho detto, ne aveva ovunque, persino sotto il letto. Chissà... magari se la sentiva addosso, la morte, quella mattina. Dicono che fosse terrorizzata. >> 
<< Terrorizzata? >> 
<< Sì. Dal suo demone, è chiaro. Non le si poteva dire “ciao”, che sobbalzava, per la paura, e ti sbraitava contro. Me l’ha detto la fioraia. >> 
<< Incredibile, incredibile... povera donna. >>
<< Andiamo, questo caldo mi sta uccidendo. >>
Il grassone fece volare la sigaretta, oramai finita, per terra, e la spense con un piede. Senza aggiungere altro, i due uomini si avviarono a gran passi verso l’uscita. Quando passarono davanti ad Andrea, lei si finse indaffarata con il cellulare, poi i due si allontanarono a falcate.
Andrea si ritrovò a guardare lo schermo del cellulare, senza realmente vederlo. Aveva un brutto presentimento, le attanagliava lo stomaco in una morsa, la lasciava senz’aria.


La voce di Kate la fece sobbalzare; quest’ultima scoppiò a ridere, gaiamente, ed entrò nello stanzino con un sorrisetto divertito. << Dunque, che fai qui? >> insistette. 
<< Davo un’occhiata alle registrazioni, per capire a che ora è stato il guasto. >>
<< E...? >>
<< E’ stato verso le tre. >>
Kate sollevò gli occhi al cielo. << Non intendevo questo. E che altro cerchi? >> la spronò. Aveva un 
infallibile intuito.
Andrea sospirò. << Controllo che sia tutto apposto. >>
Kate sorrise e scosse il capo, come a dire “lo sospettavo.”.
Guardarono le registrazioni senza dire niente.
Verso le due e cinquantacinque le riprese avevano iniziato a vacillare, sino ad interrompersi del tutto 
cinque minuti dopo.
<< Ehi, aspetta... >> disse Kate all’improvviso, puntando con il dito un punto nel monitor.
<< Cosa? >> chiese Andrea, sorpresa.
Kate strizzò gli occhi. << Va’ un po’ indietro >> ordinò.
Andrea l’assecondò, ma non riuscì a scorgere niente nel punto in cui, in maniera fissa, Kate stava 
guardando. La ripresa era fortemente disturbata.
<< Ecco! L’hai visto?! >> esclamò ancora Kate, stupefatta. Andrea la guardò attentamente, non riusciva a comprendere se stesse scherzando o se avesse notato veramente qualcosa di strano, tra quelle righe biancastre. 
<< Visto cosa? >>
<< Andrea, non so cosa cavolo significhi, ma c’è qualcosa che non va. Nella finestra. >> << Finestra, quale finestra? >> balbettò Andrea in un filo di voce. 
Seguì il punto che Kate indicava e mandò indietro la registrazione. E allora si accorse della stranezza. 
Tra le righe orizzontali che disturbavano la visibilità della ripresa, s’intravedeva, confusa ma evidente, la finestra della sua camera da letto... e si stava aprendo. Andrea scattò in piedi, spinse indietro la sedia, e si ritrovò a indietreggiare, sino a trovare il muro. 
Non riusciva a credere a quello che aveva visto. 
Non riusciva a credere che alle due e cinquantasette del mattino la finestra della sua stanza, che era stata chiusa la sera prima, che risultava chiusa anche il mattino dopo, si fosse misteriosamente aperta. 
Si sentì mancare. Doveva esserci una spiegazione, necessariamente! 
Non riusciva a dire una parola, non riusciva a muoversi, era paralizzata dalla paura, le drizzava i peli sulle braccia, la trafiggeva con centinaia di spine. La finestra si era aperta. 
<< E’ uno scherzo, c’eri tu in camera, l’hai aperta tu. >> farfugliò Andrea, gli occhi fissi nel nulla. 
Persino Kate, forse per la prima volta in vita sua, non aveva niente da dire. << No, Andrea, io non perdo tempo alle tre del mattino a farti scherzi. Forse sei sonnambula. >> rispose, quelle parole suonarono quasi come un’accusa. Avrebbero pagato, entrambe, per avere una spiegazione logica a quello che avevano visto. 
Sonnambula. Andrea ci pensò su e per un istante sperò fosse vero. E non era possibile, non le era mai capitata una cosa del genere. 
Deve esserci una spiegazione, si disse. 
<< Sì. Sì, forse hai ragione. Forse mi sono alzata, nel sonno... e non me lo ricordo... >> farfugliò, cercando con tutte le sue forze di essere credibile, di ingannare soprattutto se stessa. 
Sembrava che Kate non aspettasse altro che sentirsi dire una cosa del genere, perché sorrise. << Sei proprio strana, cuginetta. >> disse, e sul suo viso sparì subito ogni dubbio. 
Beata lei. Credeva in ciò che voleva, la verità non era qualcosa di assoluto, la verità se la creava lei, a suo piacimento. Ma per Andrea non era così. Guardò Kate uscire dalla stanza come se nulla fosse accaduto, poi si lasciò cadere sul pavimento. Si sentiva esausta. E aveva una paura tremenda. 
Perché, perché quella dannata finestra si era aperta? 
Iniziava a maturare un dubbio dentro di lei, un dubbio asfissiante, ma si sforzava con severità di ignorarlo, di fingere che non esistesse. 
C’è sempre una spiegazione logica, insisté.



Allora? Che ne pensate? Ma non ho finito qui!! Ecco un banner da condividere, da usare come promemoria o magari, perché no, da stampare ed usare come segnalibro!^^



Ringrazio ancora tanto Deborah per avermi coinvolta nel suo Blog Tour e per averci fatto conoscere meglio atmosfere e misteri del suo romanzo!


Alla prossima
Eliza

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2 comments

  1. Che bellissimi estratti *-* dire che sono curiosa è dir poco! Mi stuzzicano troppo *o*
    Il banner è troppo carinooo *-* appena posso me lo stampo sicuramente!Mi piace davvero tanto!

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  2. bellissimi estratti *_* la curiosità mi uccide *_* ma conoscendo la carissima Deborah adorerò tantissimo questo romanzo <3

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